La Lavina Di Roncovetro (RE, Italia)

dott. geol. Giovanni Bertolini
Rrgione Emilia-Romagna                       
Servizio Tecnico dei Bacini Affluenti del Po

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1 Storia
Il nome di “Lavina di Roncovetro” fu coniato da Almagià, un importante precursore dei moderni ricercatori che si occupano di frane, che pubblicò il primo e sistematico inventario delle frane d’Italia. Lavina, nel dialetto locale, significa (allora come oggi) “frana”.
Correva l’anno 1907 e la frana era già ben nota. Per quel che ne sappiamo, le fattezze morfologiche di essa non erano così evidenti più indietro nel passato, giacché le più antiche cartografie che abbiamo (datate al 1821, 1828 e 1858) non la rappresentano (vedi figure).
La rapida evoluzione di questa frana durante il secolo passato è anche dimostrata da recenti documenti e immagini, come appare nelle figure allegate. In particolare, è evidente la rapida retrogressione del coronamento, che oggi coinvolge addirittura la vetta del monte Staffola.

Contrariamente a quanto si osserva nelle altre grandi frane dell’Appennino Settentrionale, i numerosi sondaggi a carotaggio continuo non hanno mai trovato antichi resti di legno (o altra materia organica) sepolti all’interno del corpo di frana. L’età massima riscontrata (14C conventional age) fu di 119 anni BP, che corrisponde a “modern” i termini di calibrated years BP.
Possiamo quindi ritenere, come ipotesi, che questa colata di terra sia recente e che forse iniziò la sua formazione nel periodo che va dalla metà alla fine del XIX secolo e non in tempi molto più antichi (in genere l’Olocene medio) com’è usuale in simili frane nordappenniniche.
La rapida retrogressione del coronamento è evidente anche dal confronto delle fotografie aeree degli ultimi vent’anni  (vedi figure). In questo periodo, infatti, possiamo stimare che circa 100.000 “nuovi” metri cubi di roccia siano scesi dalla scarpata principale verso il corpo franoso.


2 Caratteristiche
La Lavina di Roncovetro / Vedriano scava il versante meridionale del Monte Staffola dalla sua cima sino alle acque del Torrente Tassobbio, dove forma un piccolo lago. Il versante è formato da flysch argilloso / calcareo/arenitico subligure. La frazione argillosa è dominante e dal punto di vista geo-meccanico fa sì che la frana, nella sua porzione superiore, si comporti come una colata di fango visco-fluido, con velocità di spostamento che raggiungono i 10 metri al giorno.
Il volume totale della frana è di circa 3 milioni di metri cubi.  La frana si riattivò completamente nell’Autunno 1993 e da allora ha rallentato durante le stagioni estive senza però mai fermarsi completamente. La velocità media del litosoma superiore (L1) è dell’ordine degli ettometri all’anno, mentre quello inferiore (L2) si muove per pochi decametri all’anno. Una caratteristica peculiare è il lungo e stretto canale di frana, largo da 30 a 40 metri -e profondamente inciso nel flysch- che collega la zona di alimentazione a quella di deposizione.
Nella parte medio-bassa del versante, il litosoma superiore L1 sormonta quell’inferiore L2, costituito da una molteplicità di più antiche colate.

3 Litosoma superiore L1
L1 è lungo 1,5 chilometri ed è alimentato da colate di fango superficiali (spesse 5-10 metri) che scendono dalla scarpata principale che forma il coronamento “apparente” (660-670 m slm). Queste colate sono continuamente alimentate da fango e acque molto mineralizzate (solfate) che provengono da un gran numero di sorgenti situate in prossimità della scarpata principale sopra quota 660. Da qui sino alla vetta della montagna (680 m slm) la roccia di substrato si muove verso valle grazie a diverse superfici di rottura che vengono a giorno sin sulla vetta e addirittura oltre essa, sul versante Nord della montagna. Nel versante Sud, il tappeto di colate fangose nasconde la base di queste superfici di rottura en-masse, che potrebbero emergere alla base della scarpata principale apparente, a circa 660 m slm. Il rateo dei movimenti di queste porzioni en-masse della frana è qui sull’ordine dei cm/dm all’anno.
La profondità delle superfici di rottura supera i 20 metri, come dimostrano i diversi inclinometri posti nel corso degli ultimi trent’anni. Essi mostrano delle chiare superfici di rottura singole (fase “matura” della rottura). Questi strumenti sono fuori servizio da oltre 15 anni, a causa della rottura completa dei tubi. Questo meccanismo di rottura semplice si alterna localmente a deformazioni tipo “creep profondo”, ben rappresentato da pochi inclinometri che mostrano una diminuzione graduale degli spostamenti con la profondità, con annullamento intorno ai 20 metri di profondità (fase “incipiente”).

4 Il canale intermedio
Intorno alla quota 550 il materiale di frana entra nello stretto canale (lungo 1 chilometro, largo 30  m e profondo 20), scavato entro il bedrock.
Questo canale non ha altra funzione che trasportare il fango dalla zona sorgente a quella di deposizione, mantenendolo in condizioni di confinamento, dove la fluidità del materiale si mantiene per lunga distanza. La grande fluidità è dimostrata dall’aspetto quasi perfettamente piatto della superficie della colata, ben mostrato dalla figura. Lo stato di fluidità varia nel tempo e nello spazio, causando variazioni di velocità all’interno della massa in movimento. A causa di questo il canale intermedio può apparire a tratti saltuariamente svuotato e quindi l’area sorgente e quella di deposizione sono completamente separate.

4 Litosoma inferiore L2
Più a valle, a circa 415 m slm, all’uscita dal canale naturale, il flusso fangoso rallenta, perdendo acqua e aprendosi a ventaglio sul sottostante e più antico litosoma (L2), lungo circa 700 metri. La successione di colate forma una serie di strati sovrapposti, spessi ognuno circa 1 metro.
Da qui il materiale evolve in una forma più plastica, ben rappresentata dalla forma convessa della superficie del litosoma L2. Da qui sino al fondovalle il litosoma si muove come un corpo unico, per scivolamento su un’unica superficie di base, come dimostra l’inclinometro I-12. Lo spessore di L2 è di circa 15 metri. Nel raggiungere il Torrente Tassobbio, la frana forma una sorta di diga e un piccolo lago. Lo sbarramento avviene per inarcamento e innalzamento del thalveg, a causa della collisione sotterranea dell’unghia di frana di Roncovetro con quella della frana analoga posta sull’altro versante.

5 Cause innescanti
L’evidente fluidità che caratterizza il litosoma superiore L1 è notevole: il permanente stato di fluidità è dovuto alle alte pressioni interstiziali  mantenute dalle acque sotterranee altamente mineralizzate e sicuramente miscelate a gas metano. La presenza di metano è dimostrata dalle esplosioni avvenute durante le perforazioni, dai racconti di pozzi per acqua accidentalmente incendiatisi nelle strette prossimità e dall’evidenza costante di bollicine presso le sorgenti. Purtroppo, diversi tentativi di campionamento del gas hanno fallito per la scarsa pressione del medesimo. L’evidente ruolo delle acque salienti dal sottosuolo risulta evidente nel grafico nelle figure seguenti, che rappresenta un monitoraggio giornaliero  della profondità della tavola d’acqua rispetto al piano campagna.  Nonostante che il piezometro open-pipe fosse situato presso la vetta della montagna, la profondità della tavola d’acqua si trovava a una inaspettatamente scarsa profondità di soli 4.2 – 1.5 metri. Il grafico mostra improvvise salite della GWLT, di diversi metri, che non possono essere correlate direttamente alle precipitazioni (Bertolini & Gorgoni, 2001). Come ipotesi, si potrebbe pensare che il gas metano, miscelandosi all’acqua, abbassi la sua densità favorendone la risalita.

6 WiGim 2014: rilevamento e studi
La parte superiore della Lavina di Roncovetro appare quasi ideale per testare il sistema sperimentale di rete di monitoraggio WiGim. I fattori più favorevoli sono:
1.    La frana mostra movimenti quasi continui;
2.    Come conseguenza dei diversi meccanismi di rottura del versante (deep-creep, scivolamento, colamento) la parte alta della frana mostra un ampio range per i ratei di movimento;
3.    La forma concava della superficie del corpo di frana permette una buona inter-visibilità dei nodi della rete;
4.    Esiste la possibilità di implementare un sistema parallelo di monitoraggio con teodolite motorizzato (stazione totale), fruendo di postazioni stabili al di fuori del corpo franoso (es: il tetto del serbatoio dell’acquedotto posto sulla vetta del M.Stafffola, da cui l’intera area di monitoraggio sarà visibile).
Per questo, come pianificato, durante i primi mesi del 2014 una serie di rilievi (terrestri e aerei) sono stati condotti al fine di caratterizzare questo versante:
1.    Un nuovo rilevamento geologico terrestre è stato condotto utilizzando tecniche di GIS mapping e riportando i dati su piattaforma Google Earth; le più recenti mappe topografiche (visibili in qualche figura seguente) sono già obsolete, vista la rapidità evolutiva del versante.
2.    Due nuovi rilevamenti fotogeologici aerei sono stati eseguiti utilizzando come vettore un aereo Light Sport Aircraft.  Diverse osservazioni sono state fatte in volo, con l’ausilio di circa 600 foto, sia zenitali che prospettiche. Sulla base di queste immagini, un modello digitale del terreno è stato prodotto (vedi oltre).  Queste immagini sono state confrontate con altre disponibili più vecchie, prese in simili condizioni, in modo da eseguire una dettagliata analisi evolutiva.

BIBLIOGRAFIA

ALMAGIA’ R. 1907: Studi geografici sulle frane in Italia. Mem. Soc. Geogr. It, 13(1), Roma.

BERTOLINI G. (con un contributo di GORGONI C.) 2001: La Lavina di Roncovetro (Vedriano, Comune di Canossa, Provincia di Reggio Emilia). Quaderni di Geologia Applicata, 8-2, Pitagora ed.